In principio era il buon senso. Io ne sento una gran mancanza, in ogni ambito della mia vita, lo confesso. Se volevi scattare foto in chiesa durante una cerimonia dovevi rispettare alcuni momenti sacri e l’atmosfera complessiva del rito.
I fotografi professionisti lo sanno bene, si astengono dall’uso di flash nei momenti del rito del matrimonio, cercano di fotografare da lontano per non interferire con lo svolgimento della cerimonia nel complesso, si informano in anticipo e con discrezione col celebrante su qualsiasi indicazione particolare. Poi immagino ci siano fotografi meno rispettosi ed educati, magari semplicemente meno esperti [non apro qui la discussione sul come avviarsi a una professione senza l’adeguata formazione possa essere dannoso per sé e per la categoria a cui si vuole appartenere]. Ma se la tradizione dell’album nuziale all’italian è una carrellate di immagini della cerimonia religiosa vorrà dire che non ci sono gravi impedimenti religiosi a immortalare rispettosamente i momenti di questo evento così speciale.
E invece.
In Gran Bretagna si va diffondendo l’abitudine dei vicari di negare l’accesso ai fotografi alle cerimonie (oltre ovviamente a dissuadere gli ospiti da improvvisarsi reporter) e anche da noi in Italia non va poi così bene. Alcune parrocchie applicano religiosamente il veto di scattare foto in chiesa (anche da lontano) durante il rito, altre appartengono a diocesi che hanno istuito corsi di formazione specifici per fotografi e cineoperatori, al termine dei quali vengono rilasciati patentini che sono conditio sine qua non per poter lavorare nelle chiese della zona, o che permettono l’accesso a un “albo” di fornitori “approvati” dalla diocesi. All’Arcidiocesi di Firenze il corso è dedicato anche ai fioristi, e abbraccia tutta la casistica delle celebrazioni liturgiche.
A titolo personale trovo che il proliferare di corsi (tenuti da chi? Che insegnano cosa?) sia una strana deriva dei nostri tempi, e che sarebbe meglio cercare di fare rispettare le norme del buon senso con la cortesia e la fermezza, piuttosto che inventare nuove regole che rischiano di complicare la vita a chi le regole già le rispetta. Ma la mia opinione è poco importante.
Ciò che conta è che se prevedete di sposarvi in chiesa è giusto che teniate conto di potenziali limiti insiti nella vostra scelta. Nessun dramma, basta informarvi con cortesia e senza pretendere di imporre i vostri desideri a un’istituzione che esiste da qualche secolo. Non abbiate paura di fare tutte le domande che vi vengono in mente al parrocco, durante i primi incontri organizzativi, meglio sapere tutto per tempo che trovarvi di fronte a brutte sorprese a cose fatte!
concordo in tutto! specialmente nell’osservare la tendenza moderna al proliferare di corsi di formazione… pare che esista un corso (a pagamento) per qualsiasi attività, che non siamo mai sufficientemente formati (nonostate lauree, Master, PhD e quant’altro), che gli esperti formatori sappiano tutto della materia (nonostante passino più tempo a formare, che a praticare)… mi sa che è il vero business del momento! Mi piacerebbe leggere un tuo bel post su C+B sull’argomento. Un abbraccio, fata!
Ciao, Lisa! Ne parlo sicuramente con Francesca, per il post su C+B. Ti confesso che la tendenza “formativa” secondo me è in corso da almeno 5 anni. D’altra parte è normale che sia così in tempi di crisi economica: da un lato chi fa un mestiere ha meno entrate da quello quindi cerca di arrotondare offrendo formazione, dall’altro chi non ha un lavoro ne approfitta per imparare qualcosa di nuovo nella speranza che in futuro gli possa servire per trovarne uno… Il punto vero è l’etica di chi fa formazione. Mi spiego: mica tutti i professori di letteratura sono poeti o letterati, però si presume ci mettano tutto l’impegno a imparare e padroneggiare la teoria per poterla trasmettere. Con le professioni non è molto diverso, ma se i formatori non investono le ore che sono di solito necessarie a preparare un corso, e non si impegnano a offrire un valore per il prezzo che richiedono… be’, è evidente che il sistema non regge!
Ciao Barbara! Di nuovo concordo pienamente… 1) sicuramente la tendenza formativa è presente già da qualche anno… 2) il problema è proprio l’etica di chi organizza e chi fa formazione! in questi anni di esperienza nel mondo accademico, e da titolata come psicologa del lavoro (anche se non mi riconosco molto in questa professione, avendo sempre fatto ricerca in ambito sociale), ho visto alcuni retroscena da brivido sull’organizzazione dei corsi (universitari, di specializzazione, master, e pure di formazione professionale!), su come vengono contattati i docenti, su come spesso i contentenuti e le modalità della didattica e della formazione siano trascurati… e tutto ciò a discapito dei futuri fruitori, ignari di tutto e disorientati nella scelta… vabbè, sto lasciando troppo spazio alla mia amerezza! comunque, se vorrei il mio parere, sai come trovarmi!
Ti capisco, per la frustrazione… Io ce l’ho spesso e in riferimento a diverse… superficialità, chiamiamole così. Pensavo che la crisi portasse anche un maggiore sforzo a dare più qualità e servizi migliori, invece sembra che ci sforziamo solo di fregare di più 🙁 Perdona il pessimismo, ma oggi va così!