La pagina di un “nuovo articolo” su questo blog mi faceva ormai paura quanto la prospettiva di un volo transoceanico. Poi ho scoperto che mi bastano due Xanax e riscopro la gioia immensa di volare. Perché io ero una che prima degli attacchi di panico amava volare, ma anche quando gli attacchi di panico sono spariti mi è rimasta la paura che tornassero, ed è diventata paura di volare. Così adesso, che sono andata e tornata dagli Stati Uniti godendomi un sacco l’aereo più grande del mondo, mi sono decisa a pubblicare anche questo post (che era in bozza da tempo).
Che poi la paura di affrontare questo processo di scrittura era più paura di non avere più niente di utile da dire, di finire a riciclare idee e pensieri, insomma paura di cascare nel trappolone dell’auto-referenzialità-e-basta proprio come la mia vertigine era soprattutto paura di voler cadere. Poi mi sono innamorata del percorso della Roosevelt Island Tramway sospeso sull’Hudson e anche quella vertigine si è ridimensionata e ho capito che alla fine posso pure cadere nell’auto-referenzialità ma so che insieme potremo trovarci una lezione utile anche a voi. Se così non è, ditemelo!

Sospesa a 76 metri sull’Hudson.
La cosa che sta succedendo è che mi sto re-innamorando di essere una freelance. L’anno scorso era stato bellissimo ma questa primavera ero arrivata a un punto di tale stanchezza proprio fisica che avevo deciso di smettere di lavorare in proprio.
Già mi immaginavo a mandare curriculum, a vendere il marchio al migliore offerente, a studiare per diventare giornalista, oppure a tenere la partita IVA ma lavorare meno. Senza grandi tristezze, perché per natura amo il cambiamento. Non sapevo mettere il dito su cosa non andava, perché non c’era qualcosa che esplicitamente non andasse, ma sentivo che qualcosa era del tutto fuori posto. Temevo fosse perché nella vita non avevo mai portato avanti un’attività di qualche genere per più di 5 anni consecutivi, che quindi fosse ansia di andarmene e cambiare tutto fine a sé stessa. Ma io e Max portiamo avanti questo matrimonio da 10 anni consecutivi e non mi sognerei per nulla al mondo di cambiarne una virgola, quindi non poteva essere quello.
[Oh, si capisce che questo post è una specie di flusso di coscienza che violerà tipo TUTTE le regole della SEO e dei “post scritti bene”?! Ce l’avete la pazienza di stare con me fino in fondo, che – giuro – arrivano anche le cose utili per voi?]Allora ho preso un quaderno e su una doppia pagina ho scritto:

quattro quadranti
Poi ho cominciato a compilare i quadranti con tutto quello che facevo per o tangenzialmente al lavoro. È un esercizio che consiglio a chiunque sia in una fase di incertezza, non solo professionale. Tanto per cominciare è molto più semplice essere sinceri con sé stessi, quando ci si interroga su semplici domande. Anche i più umili e auto-sabotatori di noi sotto-sotto lo sanno cosa sono veramente capaci di fare, quindi non c’è pericolo di ritrovarsi col quadrante in alto a sinistra vuoto, vi assicuro. Allo stesso tempo è vero che bisogna lasciarsi veramente andare per ascoltare quel groppo alla bocca dello stomaco che non è lo sfarfallio da paura-mista-a-eccitazione ma l’inizio di un conato, insomma per capire se una cosa non ci piace veramente o semplicemente ci fa paura perché la desideriamo tanto.
Infine, con le due paginette aperte di fronte a me, mi sono resa conto che il problema, molto semplicemente, era che non facevo abbastanza delle cose che mi riescono meglio e che mi piace fare, ma ne facevo davvero troppe in cui appena me la cavo e che mi mettono a disagio (guarda caso, nessuna legata ai matrimoni). E se avessi eliminato del tutto le attività dei quadranti di destra? Cosa rimaneva?
Con mia grande sorpresa rimaneva fatamadrina. Quella che avevo immaginato nei miei sogni più sfrenati di tanti anni fa e che si era molto ridimensionata nei compromessi quotidiani, che dobbiamo fare tutti nei primi anni di attività. Ma anche nelle piccole vanità di accettare collaborazioni che lusingano ma che non fanno davvero per noi, nella frenesia di inseguire un cambiamento costante pensando che di per sé costituisca un miglioramento, e nella paura di chiudersi delle strade, limitando troppo la propria offerta. Da lì è ripartita la mia storia.

la cerimonia che ho organizzato a New York
Si fa tanto parlare (ovunque) di zone di comfort con un’accezione negativa. Sicuramente negli ultimi mesi anche voi avrete letto almeno un articolo che esalta la capacità di cambiare, di esplorare nuove possibilità, di affrontare la propria paura dell’ignoto e spingersi oltre la propria routine, imparando qualcosa di nuovo, spostando i propri limiti. Ma confesso che io sono una grande fan del piacere di vivere. Non mi fraintendete, le sfide sono una cosa bellissima e un’opportunità di crescere e vivere momenti magici. Ve lo scrive una che ha accettato un lavoro che l’avrebbe costretta a 9 ore di volo e a lavorare sospesa a 70 piani di altezza, pur avendo paura di volare e soffrendo di vertigini. E ora non solo il progetto è andato bene, ma ho ritrovato la gioia di volare e scoperto che posso gestire le vertigini. Ma che senso ha inseguire sempre nuovi modelli di business, nuovi modi di lavoro, la job description più nuova e luccicante, l’orario di lavoro più lungo di tutti? Cosa si vince? Non vorrei essere deprimente, ma “we fat ourselves for maggots. Your fat King and your lean beggar is but variable service — two dishes but to one table. That’s the end.” Re e servitori, ingrassiamo tutti per fare da pasto ai vermi, è quella la fine comune. Ecco, io vorrei passare questi pochi anni a fare ciò che sono brava a fare e ciò che amo. Vorrei aiutarvi a passare meno tempo a preoccuparvi del vostro matrimonio e più tempo a tenervi per mano e fare l’amore.
Sto ultimando in questi giorni il business plan della nuova fatamadrina, o meglio della sua nuova incarnazione, dentro ci saranno più matrimoni, e meno di tutto il resto. A fine luglio metterò tutto il materiale in mano a una persona che si occuperà di ridisegnarmi il logo e a qualcun altro che rifarà il sito. In verità il sito che vedete scomparirà e al suo posto ne apparirà uno nuovo, forse irriconoscibile. Persino questo blog forse non sarà più un blog come ce lo siamo immaginati io e voi. Alla fine in questi mesi le nostre vite non si sono fermate solo perché non postavo, i clienti mi hanno continuato a cercare, ho firmato contratti e conosciuto persone splendide che neanche sanno quanto ho scritto negli anni scorsi ma non per questo mi apprezzano meno. È stato un potentissimo strumento di evangelizzazione questo blog, proprio come avevo voluto che fosse. Per anni ha costruito il messaggio di un modo possibile di organizzare matrimoni “à la fatamadrina” e ora non c’è neanche più bisogno di spiegarlo, che si possa organizzare matrimoni come si vuole invece che come si deve. Ormai lo sapete che non devono neanche essere “belli” secondo canoni senza tempo (o del momento, poco cambia).
Il succo di tutto questo cambiare e cambiare per essere più fedele a me stessa l’ho ritrovato in una frase che mi è letteralmente sfuggita durante un colloquio con una nuova coppia di potenziali clienti. La futura sposa mi chiedeva se non mi sentissi a disagio a lavorare in luoghi che conosco poco, e io le ho risposto “vedi, la mia non è un’attività ‘location-based’ [determinata dal luogo in cui ha sede] ma ‘philosophy-based’ [determinata dal mio approccio]”. Non mi si sceglie perché vivo in Italia o a Modena, anche se inizialmente magari mi si è trovata così. Ma la decisione di rivolgersi a me nasce dopo avermi parlato, e aver capito che tipo di relazione si instaurerà organizzando un matrimonio con me, come affronterò questo lavoro. Insomma, non mi si assume neanche per il risultato visivo. Perché anche quando ho organizzato matrimoni “da pubblicazione” è sempre stato un caso, una conseguenza collaterale. Il mio obiettivo principale è dare vita a un’esperienza condivisa e magica che valorizzi la vostra unione, non vedere le foto fare il giro del mondo. Giuro. Certo è bello avere foto da mostrare, è un onore quando si viene pubblicati. Ma quello è marketing. Il mio lavoro è altro.
Quindi? A voi che ne viene di tutto questo? Tre cose:
- la mia benedizione a riscoprire ciò che amate senza sentirvi obbligati a dire sempre di sì alle nuove sfide
- una fatamadrina più sul pezzo e meno frammentata in mille attività
- la possibilità di venire con me a New York nel 2016 per sposarvi, perché ora che so quanto è facile, voglio portarvi tutti là con me (soprattutto le amiche e gli amici che qui non possono sposarsi)!

un bel tramonto è sempre di buon augurio per un nuovo inizio – Manhattan, venerdì sera
ci sono alcuni passaggi di questo post che sembra tu mi abbia letta nel pensiero!
Apriamo un gruppo di auto-aiuto per wp in fase di rebranding?
LOL! Non so, sai, se è la soluzione migliore, però. Io per esempio vado in crisi, se mi confronto troppo, e mi paralizzo… Però potremmo continuare a scriverne 🙂
il più bel post di sempre
No, dai, sono certa che ne ho scritti di migliori 😉
Scherzi a parte, ho scritto a Lorenza, ci sentiamo nei prossimi giorni, ok?
Bellissimo post Barbara. Esattamente cio’ che ha ordinato il dottore. Vorrei aggiungere altro, ma adesso la testa e’ piena di pensieri e mi ritroverei a scrivere un essay. Forse é meglio che prenda un bel foglio e mi metta a lavorare sui quei 4 quadranti. Un abbraccio fata!
Ti cambia la vita quel giochino dei 4 quadranti! Io poi adesso il compilato me lo tengo sempre sotto mano, e lo consulto ogni volta che mi fanno una proposta 🙂
Brava Barbara! mi piace la tua grinta e la tua sincerità. Quando si ha un lavoro indipendente è facile venire fagocitati ed arrivare ad odiare quello che si fa. alla fine però le cose sono semplici, o quello che fai ti fa felice od è meglio fermarsi, azzerare il contatore e ripartire di slancio. ps. bell’articolo, sono certa che avrà un successone, alla fine si scrive per delle persone non per i robots di google. al diavolo anche l’ossessione per il SEO!
Grazie mille del commento Ilaria <3
Sono super d'accordo con te: azzerare e ripartire andrebbe rifatto con una certa frequenza. Come un minimo di decluttering.
Ah come mi rivedo in tanti passaggi, e in tanti altri tuoi post sul decluttering! E’ stato un inizio anno faticosissimo (e ancora continua ad esserlo), mi sa che è ora di sforbiciare qua e là. Forse post come questo non saranno tanto utili al SEO o agli sposi ma a qualche fornitore in crisi d’identità sì. Grazie Fata <3
Vorrei dire tante cose, ma ne dico solo una: grazie Barbara! Grazie per essere capace di restare fedele a te stessa e guardare all’essenza delle cose e soprattutto di condividerlo sul web.