Ho aperto la partita IVA nell’estate del 2009 (ci credete che non ricordo mai la data?! Sono pessima con i compleanni!) quindi tecnicamente fatamadrina quest’anno ha compiuto cinque anni. Non ho fatto feste, né particolari proclami, ma non c’è stato un vero motivo. Forse ero solo troppo impegnata. O forse è perché in fondo non mi sembra possibile che siano già passati cinque anni.
Ci pensavo ieri mattina mentre camminavo verso la casa-studio che presto sarà davvero solo casa. In realtà questi anni me li vedo addosso e li sento quando lavoro, perché mi hanno insegnato tanto. Riflettendoci ho pensato che il modo migliore per festeggiarli poteva essere proprio condividendo con voi le cose che ho imparato.
Quella più importante forse è stato scoprire che potevo essere una brava organizzatrice di matrimoni non per le mie capacità organizzative. Sì, quelle ci sono, ma lo ‘skill’ che mi ha davvero salvato la vita in questi anni è stato la mia capacità di “perdermi” nelle persone con cui lavoro. Stephen Covey lo chiama “ascolto empatico”, l’approccio di cercare di comprendere gli altri prima di pretendere di essere compresi. È quello che mi rende una pessima guardiana del galateo, perché basta che uno sposo mi dica che ha sempre sognato di mettersi lo smoking che bam! io sia completamente convinta che è la soluzione perfetta per la sua cerimonia mattutina! Se dovessi fare l’esperta di stile sarei rovinata, siccome però il mio lavoro è costruire ricordi felici, be’, questo approccio si è rivelato la chiave del mio successo.
Si può dire successo? Ecco, sì, un’altra cosa che ho imparato è che “successo” deve essere un concetto soggettivo. Alla fine consiste nel raggiungimento di certi obiettivi, e gli obiettivi (di carriera, di vita, di fatturato) sono diversi per ciascuno di noi. Svolgere una professione considerata frivola e inutile dalla maggior parte delle persone che conosco mi ha insegnato a tenere lo sguardo fisso sui miei valori e sulla mia personale idea di successo: essere brava in ciò che faccio e aiutare sempre più coppie a celebrare il proprio amore a modo loro.
Ho imparato anche che è MOLTO più facile gestire una maternità da dipendente che da lavoratrice autonoma. O forse è stato solo il mio caso. L’anno in cui è nato il mio secondogenito fatamadrina si è praticamente “congelata”. Un solo matrimonio e tanti sudori freddi al pensiero di non riuscire a recuperare il terreno perso sono stati compensati solo dalla scoperta di una rete di assistenza morale nelle professioniste intorno a me nel web.
Ho scoperto che anche se sono a mio agio nella condizione di one woman show, mi piace delegare e trovare persone brave con cui condividere progetti. Non nel senso che pensavo avesse questa frase (cerco un fornitore, gli passo un brief e via) ma proprio scrivendo una mail a una competitor o a una sconosciuta: “mi piaci, ho questa idea, ti va di parlarne?”. Divertendomi a far conoscere le persone e poi a vederle creare cose splendide insieme (e pensare presuntuosamente che è un po’ anche merito mio).
Infine ho imparato che in realtà non ho mai smesso di raccontare storie (non storie-bugie, storie-racconti) come facevo da piccola quando intrattenevo i bimbi degli amici dei miei genitori. Racconto le vostre storie quando orchestro i vostri matrimoni, racconto la mia storia quando scrivo questi post, racconto storie quando scrivo per altri. Insomma, in questi cinque anni sono diventata un po’ più me stessa. E questa è una cosa degna di essere festeggiata.
Un abbraccio a tutti quelli che ho conosciuto e a chi ha scommesso su di me, affidandomi la sua storia. You are a star.
Grati che tu esista, e del lavoro splendido fatto con noi e per noi!
Tanti cuori <3