Domenica 2 marzo, in Galleria Alberto Sordi a Roma, Monica di THAT DAY Wedding planning mi ha offerto un cappuccino che è durato due ore, in cui abbiamo parlato di gestione dei clienti, di offerte, di servizi, di prezzi. Queste chiacchierate tra addetti ai lavori avvengono molto più spesso di quanto non si pensi. E non è che solo perché non ne parliamo continuamente non ci sia un onesto e continuo scambio tra pari. Non è che bisogna per forza farne un’associazione con scopo di lucro, perché questi scambi siano legittimati (fine del siparietto polemico).
Ad ogni modo, in queste due ore Monica ha chiesto anche a me se credo che il mercato italiano abbia delle peculiarità tutte sue che non ci consentiranno di raggiungere gli standard di altri paesi nel nostro settore, o se col tempo possiamo cambiare questo stato di cose. Le ho risposto che credo potremo evolverci ancora ma che non raggiungeremo mai la maturazione di settore che è avvenuta all’estero. E prima che parta la caccia alle streghe e che io venga accusata di pessimismo-volto-a-coprire-i-miei-errori-imprenditoriali-e-a-deludere-le-legittime-aspirazioni-di-chi-vuole-provare-a-fare-questo-lavoro lasciate che vi dica che questa convinzione non è dichiarata con la morte nel cuore e non significa che il settore dei matrimoni non possa essere un settore florido. Semplicemente credo sia un dato di fatto che la realtà italiana abbia delle specificità tali da impedire che certi concetti prendano il sopravvento.
In breve, no, non credo che verrà mai il giorno in cui per la maggior parte italiani assumere o no un wedding planner professionista sarà una decisione come un’altra, come assumere o meno un fotografo professionista, o farsi fare o meno l’abito da sposa in atelier. Conosco parecchi fotografi professionisti per primi che vi direbbero che potete benissimo organizzare un matrimonio splendido da soli, ma senza un fotografo professionista siete morti. E no, non credo che gli sposi smetteranno mai di sentirsi dire che certe cose ai matrimoni non si fanno, che certi prodotti/servizi non sono da matrimonio. Siamo fatti così.
Ma questo non significa che non ci siano sposi che hanno esigenze diverse, e sposi che sentono il bisogno di affidarsi alla consulenza di un professionista per l’organizzazione del proprio matrimonio. Semplicemente non credo che diventerà mai una mentalità dominante, ne prendo atto e agisco di conseguenza.
Frequento con altri addetti ai lavori un gruppo di discussione molto nutrito su Facebook, in cui qualche giorno fa è stata postata un’immagine degli abiti da sposa di H&M come simbolo della decadenza della qualità nel nostro settore. Nei commenti, un fotografo argomentava che si può definire ‘abito da sposa’ solo un certo stile di abito (e linkava la foto di un abito sartoriale, bianco, con la gonna lunga e ampia). Scrivo qui quello che ho commentato a lui:
“L’idea che ci sia un solo modo di fare abiti da sposa (foto di matrimonio e matrimoni in generale), un solo standard, e che tutti debbano adeguarsi ad esso, è quello che impedirà al mercato dei matrimoni italiano di maturare e crescere.”
Questo settore non maturerà mai perché il matrimonio in Italia è investito di valori simbolici legati alla tradizione e al concetto di famiglia che sono profondamente radicati nella nostra stessa cultura e società. Per questo, ogni opinione su aspetti frivoli e francamente risibili (rispetto al valore di un’unione emotiva) come un abito, un pasto, qualche foto verrà sempre interpretata come una dichiarazione filosofica sul valore della famiglia, da chi ha convinzioni tradizionali in proposito. Per la maggior parte degli italiani, quando una coppia sceglie di organizzare le nozze secondo le proprie regole si afferma la possibilità che il matrimonio e la famiglia possano essere gestiti diversamente dalla tradizione. E questo è considerato inaccettabile e un attacco all’istituzione stessa del matrimonio.
Perché non smetto di sorridere mentre scrivo queste righe? Perché non siamo tutti uguali, non viviamo in una dittatura, e più fornitori continueranno a lavorare per la demografica maggioritaria (quelli che vogliono un matrimonio “come si deve”) più ci saranno clienti per me e per tutti gli altri che offrono servizi alla fetta di mercato che vuole qualcosa di diverso!
Insomma, anche se il bicchiere è mezzo vuoto, quel dito di vino è davvero squisito. Happiness is in the small things, remember.
Mi sono sposta nel 1990, vestito arancio salmone in sera cruda stile anni 20 cucito da una sarta con le mani d’oro, bouquest e addobbi con frutti di bosco e fiordalisi, cerimonia civile, pranzo in agriturismo in mezzo alle mucche e cibo vegetariano.Gigantesca torta di frutta fatta da una pasticceria biodinamica e prosecco biologico a fiumi.Le foto? fortuna vuole che io abbia due amici professionisti strabravi e le foto son state il loro regalo.Una ha pure vinto un importante concorso poi, ovviamente perchè la sposa era bellissima! ah!ah!ah! forse anche lo sposo…ah!ah!ah!
dimenticavo…partecipazioni e comapny scritte tutte a manina dalla sottoscritta
So di essere stata pioniera per molte scelte, una wedding planner mi sarebbe stata di gande aiuto,ma a quel tempo manco sapevo esistessero, mi sarebbe servita a stressarmi meno, perchè mi avrebbe aiutata nelle mie scelte e non imposto nulla come invece tutti intorno a me cercavano di fare.
Non si fa, non sta bene, ecc…per fortuna la mia famiglia no, son sempre stati solidali con me.
Resto basita pensando che dopo 25 anni siamo ancora nelle stesse condizioni!
Ma no, per certi versi qualcosa è cambiato. Non vorrei mi fraintendeste, sicuramente un’evoluzione nel gusto e nelle esigenze c’è stata, solo non credo che sia sufficiente a scuotere certi principi che temo siano molto radicati nel nostro tessuto sociale…
Io aggiungerei che noi italiani siamo legati a un concetto oserei dire antiquato di famiglia, almeno per ciò che riguarda i legami affettivi che condizionano non poco le scelte di vita di chiunque e anche quelle di una coppia. Io che mi accingo ad entrare a far parte del mondo dei wedding planner in un mercato dj nicchia come le Marche e che mi rivolgero’ unicamente al mercato britannico , che dite, ho qualche speranza in più di avere clienti che hanno più familiarità con i wp ?
W
Sicuramente hanno più famigliarità, ma dovrai comunque fare i conti coi fornitori locali. Il mio consiglio è di muoverti per tempo cercando chi sia in grado di offrirti quello che ti chiederanno 🙂
Una conferma recente: un noleggiatore arredi e complementi con cui collaboro mi ha convocato per chiedermi suggerimenti in merito a cosa acquistare con il nuovo anno. Abbiamo discusso a lungo e gli ho passato i miei suggerimenti. Niente da fare. Ha finito per riassortire il solito catalogo. Ci voleva solo un po’ di coraggio in più. Manca la voglia di scommettere sul diverso 🙁
Già, specialmente nei fornitori che hanno posizioni consolidate e se lo potrebbero tranquillamente permettere…
Non faccio parte del vostro campo e probabilmente non mi sposerò nemmeno mai, ma seguo questo blog per le belle idee e spunti di riflessione che vengono proposti, e mi pare strano intervenire per la prima volta proprio in una discussione su un post del genere, ma le ultime due battute, di Barbara e di Monica, mi han fatto pensare: ‘Ecco qua qualcuno che non è un commerciante!”
é sicuramente vero che servono novità e cose mai viste, però in questo momento critico, dovendo fare un investimento per il riassortimento della merce, un commerciante sceglie ( a volte anche a malincuore, ve lo assicuro) di andare sul sicuro ordinando una tipologia di articoli che conforta il cliente, non che lo sorprenda e gli faccia venire un sacco di dubbi basati sul conflitto tra voglia di nuovo e ‘questo sicuramente va bene’.
è vero che così non si ‘educano’ gli italiani a essere aperti e curiosi delle novità, ma se il commerciante così facendo tira avanti fino a tempi meno bui, allora sì che potrà dimostrare di avere coraggio!
Scusate la tirata, parlo da piccola piccolissima commerciante con il magazzino pieno di cose originali e invendute 😀
Elisa, grazie mille del tuo commento, che mi permette di elaborare. Credo che la brevità dello spazio qui sul blog (anche perché il post aveva un respiro leggermente diverso) abbia fatto perdere la consapevolezza che sia io sia Monica abbiamo di questa situazione legata a doppio filo tra domanda e offerta. Non a caso la mia riflessione è che non si possa aspettarsi un cambiamento radicale, ma che la domanda e l’offerta ‘originale’ o non convenzionale resteranno un commercio di nicchia (con tutti i pro i contro del caso, ovviamente). Vado oltre, non credo che la responsabilità educativa sia del commerciante/dettagliante, semmai è del “sistema matrimonio”, delle figure come le nostre (che in qualità di consulenti abbiamo sì la possibilità di aprire la prospettiva degli sposi), della stampa di settore, delle associazioni di categoria nei loro momenti di aggiornamento, di programmi televisivi e PR. Al massimo, quello che può fare un commerciante/dettagliante lungimirante (e duole ammettere che non sono tanti) è cercare partnership creative con una di queste figure, per testare e promuovere le novità prima di fare grandi investimenti. Comunque è verissimo che non siamo commercianti, o meglio vendiamo un servizio, non un prodotto, quindi le economie di scala di un magazzino non ci appartengono, va da sé che le nostre considerazioni possano essere influenzate anche da questo. Ti confesso che io per prima non mi aspetto che un fornitore investa nel riassortimento di un intero campionario al di fuori delle esigenze della sua clientela di riferimento. Viceversa mi manda un po’ più in crisi che non ci sia un noleggio in tutta la Toscana (che ormai vive dei matrimoni di stranieri) che abbia voglia di investire in un assortimento un po’ meno ‘all’italiana’.
Hai proprio ragione, e non sei l’unica con questo problema che sottolinei alla fine..dalle mie parti, sul lago di Como, succede proprio la stessa cosa: tanti tantissimi matrimoni di stranieri e poche proposte originali, anche se credo che la relativa vicinanza con Milano possa essere un aiuto rispetto alla situazione in Toscana (forse!).
L’offerta qui da noi è limitata, d’altra parte viviamo in un luogo bellissimo (io sono di Varenna) ma provinciale, con conseguenti gusti e bisogni (non propriamente all’ultima moda) e di conseguenza servizi.
Chiaccherando con sposi stranieri e i loro ospiti che girano per il paesino e passano dal negozio risulta evidente il loro dover ‘accontentarsi’ rispetto a molti aspetti pur di potersi sposare in questo luogo magico.
Ed è un peccato.