Un paio di settimane fa mi è stato chiesto di leggere (gratuitamente) il nuovo romanzo di Luca Bianchini, Io che amo solo te, per poi parlarne qui nel blog. Ho accettato a condizione di poter essere libera di esprimere qualsiasi tipo di giudizio, e con l’intenzione di prendere spunto dalla narrazione per trasmettere a voi qualche riflessione utile e di rilievo.
Il romanzo racconta i tre giorni a cavallo di un matrimonio, in Puglia. La vicenda dei futuri sposi si intreccia a quella dei parenti, in particolare a quella della madre della sposa e del padre dello sposo, che erano fidanzati in giovane età e che si riscoprono in occasione del matrimonio dei figli. Nel romanzo (pieno di massime di dubbio gusto, del tipo “in amore il segreto è non rompere (le scatole)” o “una donna deve sempre fare quello che le chiede un uomo” o “nei matrimoni non è importante la verità: conta solo la bellezza”), senza vera ironia, si descrivono:
– un matrimonio con 287 ospiti organizzato con l’unica missione di ‘sistemarsi’, saziare l’ambizione di apparenza della madre dello sposo e raccogliere oltre 130 mila euro in ‘buste’;
– la ‘sveltina’ dello sposo con la ex fidanzata, il giorno prima del matrimonio;
– l’avventura della sposa con il fotografo di nozze, sempre il giorno prima del matrimonio;
– la finta fidanzata del fratello dello sposo, lesbica che non è capace di vestirsi da donna elegante, se non bardandosi in una imbarazzante mise in verde fosforescente e fucsia;
– la sorella 17enne della sposa, che canta durante la cerimonia (religiosa) truccata come Amy Winehouse perché quella è un’esibizione pubblica in stile X-Factor che la farà apparire più sexy agli occhi del calciatore col quale vuole perdere la propria verginità;
– ospiti che rimpiangono la scarsa presenza di nero negli abiti degli ospiti;
– un video pre-matrimoniale da proiettare al matrimonio, creato dalle foto di un servizio realizzato in modalità seriale a fianco di altre due/tre coppie;
– una bomboniera scelta con attenzione certosina per rispondere alle 10 regole fondamentali della perfetta bomboniera, “deve essere: memorabile (nel bene), riconoscibile, utile, bella, nuova, sorprendente, elegante, abbastanza costosa, ma non troppo, alla moda, sempre di moda”;
– una storia d’amore travolgente e commovente (nell’intenzione dell’autore), tra i genitori degli sposi. La madre della sposa ben lieta di vendicarsi della donna che ha sposato ‘il suo uomo’. Il padre dello sposo felice di abbandonare la moglie per ritrovare la ragazza che aveva abbandonato da giovane per questioni di apparenza e convenienza.
Il romanzo è venduto come un “avventuroso viaggio”, “che gioca con ironia sul filo dei luoghi comuni e delle banalità per portarci ad un finale romantico che lascia un bel ricordo e un bel sapore”. Neppure l’autore crede che quello che si vede nel libro sia un matrimonio ‘secondo tradizione’. È un matrimonio da luoghi comuni, in cui ogni protagonista recita la parte che si aspetta la società voglia vedergli recitare. Che i futuri sposi si amino è irrilevante, trascurabile e del tutto non necessario affinché le nozze abbiano luogo. Probabilmente i due non sarebbero neanche in grado di risconoscere un sentimento profondo di rispetto, comprensione e complicità.
Che ci siano persone là fuori che si possano riconoscere nei personaggi del libro è ovviamente realistico, ma per nulla rassicurante.
Ma a me interessa ben poco dare visibilità e aiuto a chi affronta il matrimonio e i sentimenti con superficialità. A me interessate voi, che mi leggete, che vi amate e state organizzando una festa che celebri esclusivamente quel sentimento, per far sì che tutti ne vedano il valore e l’importanza. Mi interessate voi che non avete un compagno o una compagna di vita, ma che quando li incontrerete vi tufferete anima e corpo in una storia d’amore completa e nobile. Con o senza confetti. Mi interessate voi che avete già iniziato un percorso di vita insieme, e lo costruite giorno per giorno con affetto, rispetto e condivisione.
A voi, sento il dovere ti ricordare che non importa quello che scrivono i romanzieri e gli autori televisivi, non importa quello che pensa la parrucchiera di vostra madre, la strada giusta (sì, ho la presunzione di conoscerla) è ancora quella del valore.
Definire lo stile della vostra festa di nozze vuol dire creare un’immagine visibile dei vostri gusti e delle vostre personalità. Non vuole dire scegliere un mood dal catalogo delle mode.
Allestire la vostra cerimonia ha l’obiettivo di farvi sentire a vostro agio in un luogo che non sempre vi è famigliare, affinché il momento della vostra unione sia il più sereno possibile. Non vuole essere un modo per snaturare un ambiente impressionando i vostri ospiti.
Scegliere una bomboniera è un gesto di ringraziamento e allo stesso tempo un ricordo tangibile, che lasciate a chi ha scelto di condividere con voi e testimoniare il vostro impegno. Non è uno status symbol.
Altrimenti tanto vale che vi acquistiate lo sposo/sposa per corrispondenza!
Ogni cosa che fate dovrebbe avere un peso morale, ovvero essere mossa da un principio o da un sentimento vero, per essere qualcosa di più di un vuoto luogo comune. Siate presenti a voi stessi, onesti con il vostro cuore, infischiatevene delle pressioni sociali se queste non hanno legami chiari con i vostri valori. E rispettate sempre gli altri. Altro che gli “antichi valori” della Puglia fittizia di Bianchini!
…
Poi, se vi resta tempo, perdonate la pomposità e supponenza di questo post, è la mia natura di ‘maestrina’ (disse lo scorpione mentre affogava in mezzo al fiume!).
Quanti luoghi comuni e stereotipi! La sveltina con la ex … la bomboniera, la suocera…. ma davevro siamo così? Non credo e per fortuna so che non è così… e so che posos contare sulla mia Fata preferita per rendere il Giorno Speciale davvero tale, oltre alle banalità di cui ne abbiamo davvero troppo
Serena
Tranquilla, mi batterò finché posso!
Uno dei vantaggi di sposare un “non autoctono” è l’impossibilità di una sveltina con la ex il giorno prima delle nozze..
Per il resto preferisco non commentare, perchè sono ancora sufficientemente scottata dalle “i matrimoni si fanno così, quindi o ti vesti formale o non sei convinta di sposarti”.
Mi dispiace per il tempo perso in un libro del genere, da bibliofila posso immaginare la sofferenza!