Per chi me lo ha chiesto. Per chi non ci pensa. Ecco come è passato l’ultimo mese.
Ho passato le notti a svegliarmi per coccolare il piccolo di 16 mesi che le scosse di 3 gradi le sente eccome. Ho ritirato i libri delle vacanze per tutta la classe della grande e ho sostato davanti alla scuola per distribuirli in 4 orari diversi in modo che chiunque potesse trovare l’incastro giusto coi propri turni di lavoro. Ho risposto educatamente anche alle telefonate di quelli che “sono passato ma non c’eri”. Ho ritirato la pagella della grande con grande soddisfazione. Ho recitato la parte del porcellino Tommy nella recita di fine anno del nido del piccolo in un caldo torrido e sull’orlo del collasso. Ho pulito casa, ma non tutta. Non ho una colf e mia madre non è una colf, quindi la casa la pulisco quando ho tempo, il minimo indispensabile e con priorità igieniche di massima, nel rispetto della nostra vita, che non è fatta di superfici immacolate ma di strisciate di biscotti molli lungo i mobili e di coccole appiccicose sulle lenzuola macchiate di caffè. Ho fatto le lavatrici e spulciato l’armadio per capire se i bambini hanno sufficienti vestiti per affrontare la stagione (no, non li avevano). Ho fatto uno scatolone di quelli da smettere, in attesa di capire in quale zona della Bassa potessero essere utili, per consegnarli a chi ne ha pià bisogno di noi. Ho organizzato la vita dei bimbi mentre le scuole sono chiuse, perché non ho una baby-sitter e mia madre ha anche altro da fare che non tenermeli. Ho cercato di continuare il lavoro stando loro accanto, ma nessuno è perfetto, quindi il piccolo ha ciucciato un po’ di brillantante (unico avanzo di detersivo rimasto in una bottiglia pronta per il riciclo, sul pavimento dello sgabuzzino, in una casa in cui ogni sostanza è collocata a oltre un metro dal pavimento). Fatta profilassi tra una telefonata e un’email. Tutto a posto, ce la siamo cavati con un 3 sul registro della pediatra. Ho visionato location, telefonato, scritto email, tranquillizzato gli sposi, spiegato le ragioni dietro a pratiche di lavoro che spesso appaiono confuse. È giusto, è il mio lavoro non il loro, quindi non mi piace dare per scontato nulla e preferisco spiegare ogni scelta. Ho accompagnato gli sposi dalla fiorista, perché anche in queste circostanze è giusto che io sia con loro. Ho acquistato le bomboniere. Ho ordinato i materiali, modificando quattro volte il preventivo in tre giorni, perché quando si vive in una zona terremotata si è in balìa di molti più fattori uno possa considerare da fuori. Per esempio dell’ordinanza sulla certificazione di agibilità, che è una cosa che non riguarda solo i grandi stabilimenti industriali, come sembrano pensare i sindacati. Ho dato aiuto a chi me l’ha chiesto in questi giorni. Ho telefonato agli amici non per sentire come stavano, ma per farli parlare. Ne ho dovuti deludere altri perché i progetti non reggono per più di 24 ore. Ho osservato le polemiche da fuori. Ho mandato a quel paese un paio di persone. Alcune hanno avuto il coraggio di pretendere le mie scuse. Il mondo è bello perché è vario. Ho convinto una coppia di sposi a una scelta dolorosa che però sapevo avrebbe regalato loro un giorno speciale, senza Protezione Civile, senza case spaccate a metà, senza rumore di sirene. Ho affrontato questioni di budget con alcuni sposi. Spiegato i pro e i contro di scelte apparantemente inaccettabili, assistito a scelte che avrebbero potuto avere conseguenze spiacevoli sui loro matrimoni. E le ho accettate senza scompormi perché era il loro matrimonio, non il mio, e per quanto mi spiaccia vederli compiere potenziali errori, non sarei una professionista se mi sostituissi a loro e forzassi le loro scelte. Ho parlato con un fiorista bravissimo, perplesso di fronte a un ‘collega’ che pretende di non dirgli quanta commissione si prenderà sul suo compenso e che si rifiuta di far figurare il nome del fiorista di fronte al cliente. Ho scritto del sistema delle commissioni nei commenti a un post di Preston Bailey che mi ha fatto sentire un po’ meno sola. Ho guardato un sacco di televisione, mentre tagliavo, assemblavo, coloravo, incollavo. Ma ve ne ho già parlato. Ho guardato scorrere gli aggiornamenti di stato di colleghi e colleghe sui social network. Ci sono quelli che sembra abbiano ventimila eventi in programma e non i 4 o 5 che in media organizza in un anno una wedding planner normale di questi tempi (non parlo dei grandi franchising o dei nomi con grandi budget di marketing… ma anche quelli sarei curiosa di verificare cosa combinano DAVVERO dietro alla cortina di fumo della comunicazione). Mi sono chiesta se il mio libro in cantiere da un anno ha ancora ragione d’essere con tutti questi libri/ebook che escono e questi corsi tuttifrutti, corti, lunghi, larghi, generalisti, intensivi, furbi, onesti (tutti accomunati dall’unica informazione che nessuno vi vuole dare: che ci sono ormai troppi wedding planner per pochi matrimoni, quindi per sopravvivere i wedding planner stanno cambiando mestiere e cercando clienti tra i colleghi). Poi mi sono riletta la bozza e ho deciso che sì, avrà sempre ragione di essere. Perché io sono così arrogante da pensare di essere l’unica in questo momento ad avere la giusta combinazione di capacità di scrittura, chiarezza di visione, ambizione di completezza, senso del ritmo. Così forse ci torno a lavorare e forse un giorno lo pubblicherò anche. Ma costerà 20 euro. Non uno di più e non uno di meno. Perché quando mai il nostro lavoro è pagato veramente per il tempo e l’energia che gli dedichiamo? Ho pensato che questo mestiere è tutto eccetto quello che pensiamo. Ho pensato che proprio per quello continuo a farlo, anche se la voglia cala ogni volta che spunta un nuovo “professionista” qualunquista, pressapochista, arrogante. Ho riflettuto che alla fine è sempre meglio essere coscienti del proprio ego, così quando lo spostiamo non rischiamo di fare danni intorno. E ho deciso che sono assolutamente stufa marcia della maggior parte delle persone che bazzicano il settore dei matrimoni in questo momento. Le rare eccezioni alla mia ira funesta ne sono consapevoli spero, perché non sono una che rilascia dichiarazioni di stima ‘diplomatiche’ e per interesse, ma le attesto solo a chi voglio veramente darle.
È stato un mese lungo. Ma visto da lontanto, in mezzo a tutte le cose belle che mi succedono nella vita, non lo noterò neanche.