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One month in the life.

22 Giugno 2012 by Barbara 17 commenti

Per chi me lo ha chiesto. Per chi non ci pensa. Ecco come è passato l’ultimo mese.

Ho passato le notti a svegliarmi per coccolare il piccolo di 16 mesi che le scosse di 3 gradi le sente eccome. Ho ritirato i libri delle vacanze per tutta la classe della grande e ho sostato davanti alla scuola per distribuirli in 4 orari diversi in modo che chiunque potesse trovare l’incastro giusto coi propri turni di lavoro. Ho risposto educatamente anche alle telefonate di quelli che “sono passato ma non c’eri”. Ho ritirato la pagella della grande con grande soddisfazione. Ho recitato la parte del porcellino Tommy nella recita di fine anno del nido del piccolo in un caldo torrido e sull’orlo del collasso. Ho pulito casa, ma non tutta. Non ho una colf e mia madre non è una colf, quindi la casa la pulisco quando ho tempo, il minimo indispensabile e con priorità igieniche di massima, nel rispetto della nostra vita, che non è fatta di superfici immacolate ma di strisciate di biscotti molli lungo i mobili e di coccole appiccicose sulle lenzuola macchiate di caffè. Ho fatto le lavatrici e spulciato l’armadio per capire se i bambini hanno sufficienti vestiti per affrontare la stagione (no, non li avevano). Ho fatto uno scatolone di quelli da smettere, in attesa di capire in quale zona della Bassa potessero essere utili, per consegnarli a chi ne ha pià bisogno di noi. Ho organizzato la vita dei bimbi mentre le scuole sono chiuse, perché non ho una baby-sitter e mia madre ha anche altro da fare che non tenermeli. Ho cercato di continuare il lavoro stando loro accanto, ma nessuno è perfetto, quindi il piccolo ha ciucciato un po’ di brillantante (unico avanzo di detersivo rimasto in una bottiglia pronta per il riciclo, sul pavimento dello sgabuzzino, in una casa in cui ogni sostanza è collocata a oltre un metro dal pavimento). Fatta profilassi tra una telefonata e un’email. Tutto a posto, ce la siamo cavati con un 3 sul registro della pediatra. Ho visionato location, telefonato, scritto email, tranquillizzato gli sposi, spiegato le ragioni dietro a pratiche di lavoro che spesso appaiono confuse. È giusto, è il mio lavoro non il loro, quindi non mi piace dare per scontato nulla e preferisco spiegare ogni scelta. Ho accompagnato gli sposi dalla fiorista, perché anche in queste circostanze è giusto che io sia con loro. Ho acquistato le bomboniere. Ho ordinato i materiali, modificando quattro volte il preventivo in tre giorni, perché quando si vive in una zona terremotata si è in balìa di molti più fattori uno possa considerare da fuori. Per esempio dell’ordinanza sulla certificazione di agibilità, che è una cosa che non riguarda solo i grandi stabilimenti industriali, come sembrano pensare i sindacati. Ho dato aiuto a chi me l’ha chiesto in questi giorni. Ho telefonato agli amici non per sentire come stavano, ma per farli parlare. Ne ho dovuti deludere altri perché i progetti non reggono per più di 24 ore. Ho osservato le polemiche da fuori. Ho mandato a quel paese un paio di persone. Alcune hanno avuto il coraggio di pretendere le mie scuse. Il mondo è bello perché è vario. Ho convinto una coppia di sposi a una scelta dolorosa che però sapevo avrebbe regalato loro un giorno speciale, senza Protezione Civile, senza case spaccate a metà, senza rumore di sirene. Ho affrontato questioni di budget con alcuni sposi. Spiegato i pro e i contro di scelte apparantemente inaccettabili, assistito a scelte che avrebbero potuto avere conseguenze spiacevoli sui loro matrimoni. E le ho accettate senza scompormi perché era il loro matrimonio, non il mio, e per quanto mi spiaccia vederli compiere potenziali errori, non sarei una professionista se mi sostituissi a loro e forzassi le loro scelte. Ho parlato con un fiorista bravissimo, perplesso di fronte a un ‘collega’ che pretende di non dirgli quanta commissione si prenderà sul suo compenso e che si rifiuta di far figurare il nome del fiorista di fronte al cliente. Ho scritto del sistema delle commissioni nei commenti a un post di Preston Bailey che mi ha fatto sentire un po’ meno sola. Ho guardato un sacco di televisione, mentre tagliavo, assemblavo, coloravo, incollavo. Ma ve ne ho già parlato. Ho guardato scorrere gli aggiornamenti di stato di colleghi e colleghe sui social network. Ci sono quelli che sembra abbiano ventimila eventi in programma e non i 4 o 5 che in media organizza in un anno una wedding planner normale di questi tempi (non parlo dei grandi franchising o dei nomi con grandi budget di marketing… ma anche quelli sarei curiosa di verificare cosa combinano DAVVERO dietro alla cortina di fumo della comunicazione). Mi sono chiesta se il mio libro in cantiere da un anno ha ancora ragione d’essere con tutti questi libri/ebook che escono e questi corsi tuttifrutti, corti, lunghi, larghi, generalisti, intensivi, furbi, onesti (tutti accomunati dall’unica informazione che nessuno vi vuole dare: che ci sono ormai troppi wedding planner per pochi matrimoni, quindi per sopravvivere i wedding planner stanno cambiando mestiere e cercando clienti tra i colleghi). Poi mi sono riletta la bozza e ho deciso che sì, avrà sempre ragione di essere. Perché io sono così arrogante da pensare di essere l’unica in questo momento ad avere la giusta combinazione di capacità di scrittura, chiarezza di visione, ambizione di completezza, senso del ritmo. Così forse ci torno a lavorare e forse un giorno lo pubblicherò anche. Ma costerà 20 euro. Non uno di più e non uno di meno. Perché quando mai il nostro lavoro è pagato veramente per il tempo e l’energia che gli dedichiamo? Ho pensato che questo mestiere è tutto eccetto quello che pensiamo. Ho pensato che proprio per quello continuo a farlo, anche se la voglia cala ogni volta che spunta un nuovo “professionista” qualunquista, pressapochista, arrogante. Ho riflettuto che alla fine è sempre meglio essere coscienti del proprio ego, così quando lo spostiamo non rischiamo di fare danni intorno. E ho deciso che sono assolutamente stufa marcia della maggior parte delle persone che bazzicano il settore dei matrimoni in questo momento. Le rare eccezioni alla mia ira funesta ne sono consapevoli spero, perché non sono una che rilascia dichiarazioni di stima ‘diplomatiche’ e per interesse, ma le attesto solo a chi voglio veramente darle.

È stato un mese lungo. Ma visto da lontanto, in mezzo a tutte le cose belle che mi succedono nella vita, non lo noterò neanche.

Categoria: dietro le quinte di fatamadrina

Imprevisti e probabilità, 5 consigli per affrontarli

4 Giugno 2012 by Barbara 4 commenti

Questo post sedeva da mesi nella cartella delle bozze, in attesa di un’occasione per essere rivisto e pubblicato. Gli eventi di questi ultimi giorni mi hanno convinto a recuperarlo, aggiornarlo e proporvelo.
Mi piacerebbe che questa lettura aiutasse quanti di voi stanno organizzando le proprie nozze in condizioni ‘normali’ a recuperare la serenità e ristabilire le giuste priorità, per affrontare con tranquillità gli imprevisti piccoli e grandi che vi si parano davanti. Perché se è poco probabile (e per fortuna!) che i vostri progetti siano funestati da tragici imprevisti, i consigli per gestirli sono sempre validi, anche per gli ostacoli di piccolo conto.

La realtà è che in questo mestiere gli imprevisti sono il pane quotidiano. In effetti, gli imprevisti sono la ragione numero uno per la quale assumere un wedding planner comunque alla fine conviene sempre (a meno che non vi siate messi nella mani di un incapace, ma quello vale per qualsiasi settore). Ci sono i blocchi dei TIR, c’è la neve, c’è il maltempo, ci sono le malattie, ci sono gli imprevisti che derivano dal fatto che ogni fornitore cura tanti progetti contemporaneamente e tutti dipendono anche dalla capacità degli altri di organizzarsi e coordinarsi tra i propri mille progetti. Ci sono anche le pressioni psicologiche degli amici e dei parenti degli sposi.

E poi, in tutto questo delirio organizzato (perché ovviamente ogni bravo wedding planner ha piani B e rimedi last minute predisposti, quindi alla fine si tratta solo di correre appena un po’ di più), arrivano i terremoti, il simbolo della nostra impotenza. Il terremoto è così terribile perché ci ricorda che in realtà, molto semplicemente, non possiamo controllare e prevedere tutto.

Imprevisti di questa magnitudine (letteralmente) non sono comuni, ma succedono. E incidono sui futuri sposi quanto sugli addetti ai lavori. Se un wedding planner non è capace di mantenere la calma, sorreggere anche psicologicamente i propri clienti in questi frangenti, ammortizzare il carico di stress che piomba sui futuri sposi, tanto vale che cambi lavoro. In questi giorni di piani B fatti e disfatti ad ogni scossa superiore a magnitudo 5 (quindi circa una volta alla settimana) mi sono chiesta come offrire un distillato di questa esperienza che potesse essere utile a tutti. La risposta sono questi cinque consigli, validi per tutti, preziosi per chi si trova ad affrontare situazioni del genere da soli:

1. cercate aiuto. Qualsiasi imprevisto di una certa gravità (cataclisma, lutto, terremoto) ha effetti devastanti sulla psiche e sull’equilibrio psico-fisico di chiunque. Non cercate neanche per un momento di affrontare tutto da soli. Chiedete sostegno morale ai parenti, interpellate il vostro medico curante e fatevi prescrivere qualsiasi rimedio ritenga adeguato, imparate a rispondere “sì” quando gli amici vi chiedono se avete bisogno di qualcosa, cominciate a delegare.

2. accettate ciò che non potete cambiare. Di fronte ai grandi imprevisti la prima reazione è il rifiuto, la negazione. La nostra (insana e irrazionale) aspirazione alla perfezione ci porta a non volere accettare che qualcosa sia al di fuori del nostro controllo. Così perdiamo energie preziose nei vari stadi del rifiuto, della rabbia, della ricerca di un colpevole. È umano, ma non risolve nulla. Molto meglio andare subito oltre e chiedersi direttamente “quali alternative ho?”

3. rivedete le vostre priorità. Gli imprevisti, piccoli o grandi che siano, vi offrono l’opportunità di ripensare ogni decisione che avete preso fino a questo momento. Approfittate della chiarezza con cui vi appariranno le cose veramente importanti, rispetto a quelle triviali, e scegliete con serenità a quali rinunciare e quali privilegiare. Nelle situazioni meno drammatiche potreste semplicemente scoprire che alla fine delle lanterne da lanciare nel cielo non è che ve ne fregasse poi così tanto, e ritrovarvi con qualche euro in più da spendere in viaggio di nozze.

4. non perdete la speranza. Siete vivi. Vi amate. Avete una vita da passare insieme. Rispetto a questo ogni cosa dovrebbe apparire ridimensionata e più gestibile.

5. infischiatevene delle convenzioni. Già in condizioni normali, lo sapete, ritengo che le convenzioni sociali siano sopravvalutate. Se non sono uno strumento per dimostrare affetto, considerazione e rispetto per i vostri invitati sono di per sé un elemento di pura apparenza e come tale sacrificabile senza troppi rimpianti. Di fronte poi a imprevisti piccoli e grandi le convenzioni hanno ben poco valore. Portatevi il vostro abito con strascico e il vostro velo da cattedrale sotto il gazebo di plastica bianca che la parrocchia ha allestito ai giardinetti per sostituire la chiesa inagibile, e portatelo anche con orgoglio e gioia. Nel bene e nel male, nella buona come nella cattiva sorte, le cose importanti sono sempre quelle: voi e il vostro amore.

Categoria: organizzare un matrimonio Tag: imprevisti, priorità, probabilità, problemi, terremoto, terremoto, wedding planner

Destination wedding planner basata a Modena, fino al 2016.


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