Ormai lo sapete: all’ultima edizione di Abilmente, nello splendido Atelier della sposa creativa, c’ero anche io.
Seduta dietro la mia scrivania, imbastivo pompom di carta velina, chiacchieravo con le persone di passaggio, davo consigli su allestimenti semplici e alla portata anche di chi creativo proprio non è, dimostravo piccoli progettini con carta e nastri e i nostri adorati washi tape.
Di fianco al mio tavolo si apriva poi un salottino con poltrone e sedie in cui ho ricevuto tante spose a caccia di idee e consigli, con le quali abbiamo visitato la fiera, parlato e confrontato dubbi, sogni e soluzioni.
Ma come è nata questa avventura? Tutto è cominciato con l’invito del geniale architetto Lea Di Muzio, art director di quella è ormai diventata la principale fiera della creatività in Italia. Lea mi chiamò nel febbraio 2012, dopo l’uscita dell’allegato Idee Sposi di Casa Facile. Gli impegni con i matrimoni mi impedirono di partecipare all’edizione primavera di quell’anno, ma a ottobre proposi a Lea di tentare una collaborazione con ‘fatamadrina a spasso per Abilmente’, poi ribattezzato ‘fatatour’. L’idea era mostrare l’intera fiera (non solo spazi dichiaratamente dedicati alle nozze) nell’ottica di chi organizza il proprio matrimonio, esaltando il potenziale dei materiali e degli oggetti in vendita rispetto a un decoro nuziale. Barbara Barbirato mi ha seguito passo a passo e l’esperimento ha convinto la fiera, così, un giorno di dicembre, ho guidato fino a Vicenza e in un pranzo con Lea, Barbara e una collega (Marzia Voltolina, la responsabile dell’Atelier della sposa creativa, quel giorno non poteva essere con noi) abbiamo concepito un format che mi permettesse di completare l’offerta (già ricchissima) dell’atelier, con i miei servizi.
Le mie 5 cose preferite del periodo in fiera
1. rivedere e incontrare per la prima volta tante persone conosciute online, e ritrovarsi a parlare come amici di lunga data;
2. l’organizzazione dell’Atelier (Marzia santa subito) e di tutta la fiera, è incredibile davvero considerati i numeri che muovono e la conciliazione forzata tra professionisti (abituati a organizzarsi) e amatori (creativamente caotici per natura);
3. il clima spumeggiante e stimolante. Se solo una persona ha un minimo di disponibilità, in fiera possono nascere collaborazioni ogni ora (giuro). È incredibile quanta energia positiva scorra tra tutti i presenti;
4. vedere gli occhi delle persone illuminarsi di fronte alle potenzialità di oggetti e decori semplici e quasi banali, a riprova che la creatività spesso non è data da disegni elaborati o grandi budget, ma da piccole idee funzionali;
5. quattro notti in una camera d’albergo tutta per me, con un bagno splendido e una vasca da bagno che appena potevo riempivo di acqua bollente e montagne di bollicine! E no, non ho sentito la mancanza dei miei bimbi!
Le 5 cose che mi hanno delusa
1. la quantità spaventosa di cartelli “vietato fotografare” disposti ovunque, raramente in corrispondenza di creazioni davvero originali o mai viste. Mi lascia sempre basita, questo controsenso tutto italiano di andare in fiera (luogo di presentazione e condivisione) e poi pretendere di custodire gelosamente le proprie creazioni, anche (ribadisco) quando non sono particolarmente originali;
2. l’abbondanza di paccottiglia di poco valore venduta a prezzi ridicolmente alti. Un esempio? Ho acquistato due contenitori che al Macef venivano venduti a 3 euro ciascuno. Io li ho pagati 15 euro. Non avevo alternative (al Macef richiedono ordinativi minimi che non posso permettermi), ma mi ha molto seccato;
3. la maleducazione di tantissimi visitatori che se non stavo attenta si portavano via anche il mio portfolio (con che logica, poi?), ovviamente senza chiedere, e di alcuni espositori che si comportavano come se fossero gli unici presenti. Ma temo che quando si ha a che fare con decine di migliaia di persone sia inevitabile;
4. il clima collettivo da “io lo saprei fare meglio” che serpeggia tra i visitatori della fiera, ingeneroso nei confronti dei talenti che ho visto all’opera e della quantità di impegno che mettono nel produrre le loro creazioni per la fiera;
5. notare che ancora l’approccio più diffuso tra chi produce creatività artigianale a partire da una passione è quello di cominciare in nero… e rimanere in grigio molto a lungo. Ho avuto conversazioni splendide con ragazze che mi hanno chiesto onestamente consiglio e che sono rimaste sconvolte a sentire che io ho aperto Partita IVA quando ancora non avevo un cliente. Eppure ormai ci sono strumenti fiscali flessibili, con pochissime spese, che permettono di tentare di avere un’attività in regola, e se non funziona, chiudere in maniera pressoché indolore. Il mio problema è ovviamente che lavorando per i miei clienti ho scelto un codice etico che mi impedisce di lavorare con chi non è in grado di rilasciare regolare fattura o ricevuta. Ma francamente è frustrante lottare per il riconoscimento di un valore, giocando secondo le regole, per poi vedere tanti altri scegliere la via “facile”, spesso con la convinzione di essere nel giusto.
Le 5 scoperte più emozionanti (che vi consiglio di cuore)
1. i fiori di carta crespa di Rosanna
2. le cornici di Laura
3. la nuova impresa di Federica (e Valeria)
4. le potenzialità delle money box di Monica
5. il lilla non è poi così male!
E con questo chiudo. Vi auguro un’ottima Pasqua da passare in famiglia, fate buon viso a cattivo gioco e approfittate del cattivo tempo per riposarvi e recuperare piccoli piaceri.
E se ne avete voglia passate di qui la prossima settimana, verso mercoledì, ci sarà un post a sorpresa, dedicato a 5 falsi miti del settore matrimoni. A cominciare dal vero significato dell’abito bianco…